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LA TABACCHERIA VANNICELLI AL GAMBERO ROSSO!

"SACHER TORTE E SANTA CLARA, IL GIOCO DELLE FESTE"

SORRIDE EVA, guarda il marito e gli fa: «Ricordi, a Cain ci fecero assaggiare quello splendido maialino affumicato al latakia?».
Per chi non abbia troppa confidenza con strumenti da fumo, il latakia è un tabacco da pipa originario di Asia Minore e Grecia: è molto forte e secco, ha un gusto deciso ed è di colore nero perché viene tostato prima di essere fumato.

L’evento di cui parla Eva, era una festa della pipa. «Ma anche dalla Sora Lella, a Roma, ci hanno fatto un menu tutto a base di latakia: davvero interessante».

Non è una cultrice della gastronomia, Eva, ma dalla sua tabaccheria di Roma, al civico 600 di viale Marconi, le piace spaziare nei territori del gusto a 360°. Lei è una degustatrice di tabacchi, associata al Sigar Club Dolce Vita di Roma. E, pur essendo molto giovane, è già molto esperta avendo provato davvero una infinità di varietà di tabacco, sia da pipa che in sigari. «Finora gli abbi- namenti li abbiamo concentrati soprattutto sui distillati. E poi, nel club, c’è molta più attenzione per la degustazione tecnica dei diversi sigari che non per il cibo. Però – fa Eva - è molto stimolante l’idea di fumare un sigaro per ogni cibo». Già, perché le avanguardie della nostra ristorazione hanno già preso la direzione dell’abbinamento sigari-cibo, ma per piste diverse e per alcuni aspetti più trasgressive: come l’affumicatore individuale di Scabin in ui l’ospite sceglie il sigaro preferito e ci affumica chessò, il salmone o la fettina di fassone... O come la crema al tabacco Habana o Kentucky realizzata anche, tra gli altri, dal “Marchesi Boy” Marco Fadiga a Bologna... Nel caso di Eva, gli abbinamento seguono strade più “classiche” anche se non meno trasgressive, specialmente oggi che il fumo è bandito dalla tavola ed è considerato quasi una diavoleria venefica e molto poco politically correct. Eppure, si erge a difesa del “fumo lento” Eva: «Sì, perché intanto si fuma solo dopo il pasto. E poi il fumo del sigaro è molto meno dannoso sia di quello di sigaretta che di quello di pipa: i tabacchi da sigaro, infatti, hanno molto meno nicotina degli altri. Il Virginia, che sta nelle bionde e nei tabacchi da pipa, infatti, si respira: forma molti Sali di nicotina in bocca i quali vengono assorbiti dai polmoni. I tabacchi da sigaro, invece, non formano sali e vengono normalmente respinti dai polmoni». Ma il punto non è tanto questo, crediamo noi. Intanto, non consigliamo a nessuno di iniziare a fumare. Ma, se qualcuno ha già il vizio, e vuol provare emozioni legate al piacere di un buon fumo, allora si può giocare con gli aromi, tanto più che fumare un sigaro dopo cena ogni tanto non fa neanche troppo male. «Beh, i medici non considerano fumatore chi fuma un sigaro occasionalmente, mentre chi fuma occasionalmente sigarette, sì» sottolinea Eva.
La storia di Eva Vannicelli è quella di una donna che a un certo punto ha deciso di seguire la sua passione che, guarda caso, coincideva anche con un pezzo di storia della sua famiglia. Madre e padre tabaccai, lei era destinata agli studi mentre il fratello Carlo, all’inizio degli anni ’90, prese in mano il negozio aperto nel ’54 e tutto puntato su profumeria, cartoleria, bigiotteria. Lui decise che occorreva prendere una strada netta, così si concentrò sui sigari: prima Toscani e qualche pochi - Cubano. In quegli anni le fascette di sigari in commercio da noi erano davvero poche: Trinidad, Vegueros, Romeo y Jiulieta... Poi aumentarono gli “extra-cubani” e piano piano anche i classici Cubani. Il primo problema che si pose era come conservarli: i Toscani si usava fumarli secchi, tiravano meglio perchè lavorati in modo molto serrato. I Cubani, invece, no: dovevano essere conservati a umidità (e temperatura) costante: i sigari, infatti, fermentano quando la temperatura supera i 18°-20°. Esubire tre-quattro fermentazioni in un anno porta alla decadenza gli aromi, anche se l’umidità è quella giusta. Quindi occòrreva avere delle vetrine ad hoc, a umidità e temperatura controllata. E così anche per i Toscani Cominciò un’altra era, quella del controllo dell’umidità e della prevalenza dell’aspetto aromatico sulla forza tannica. «Io - racconta Eva - ovviamente lavoro qui da sempre, poi ho fatto l’università e mi sono laureata in Lettere. Quando ho deciso di impegnarmi qui con mio fratello, per me è stato naturale applicare ai sigari la mia passione per l’approfondimento e lo studio. E devo dire che mio fratello mi ha lasciato tutto lo spazio, vedendo in me evidentemente una risorsa anche per specializzare ancor di più il negozio». In effetti,’ così è stato: e la tabaccheria è uno dei punti di riferimento assoluti per chi ama i sigari. 'A differenza di altri esercizi che, con la crisi delle sigarette prima e della pipa poi, alla fine degli anni ’90, hanno invece scelto la scelta dei servizi come il lotto o la vendita dei biglietti dei bus. Ma veniamo alle degustazioni e agli abbinamenti, un gioco che durante le feste può anche essere simpatico. «Il primo abbinamento serio fatto al nostro club è stato tra una Sacher Torte e un sigaro messicano, un Santa Clara “Don Paco” con la capa bicolore, la foglia chiara che abbraccia la foglia scura: la Sacher, molto bilanciata tra dolce e amaro con la marmellata di albicocca e il cioccolato fondente, si sposava molto bene con questo sigaro che abbiamo poi definito “da merenda”, perché era davvero molto equilibrato con richiami anche di erbaceo. La regola numero uno, comunque, è che non si fuma durante il pasto, quindi tutte le degustazioni di sigaro vanno fatte dopo mangiato».
I sigari hanno uno spettro aromatico che va dall’erbaceo al cacao amaro, passando per tannino e sapidità, dolce e piccante, spezie, pane, frutta candita. «I Cubani in genere hanno un buon equilibrio tra amarognolo e dolce. Ci sono i Cubani dolci (come alcuni moduli di Romeo y Julieta e gli Hojo de Monterrey) e altri dolce-salati, come i Fonseca. Poi ci sono marche che hanno aromi terrosi, torbati, note di humus e sottobosco, come i Partagas. E ancora, sigari speziati-piccanti dove si sentono-la cannella, i chiodi di garofano,il pepe e il peperoncino: sono sigari corposi, dove la forza riesce a bilanciare bene gli aromi senza coprirli, come nei Montecristo, nei Bolivar e nei Sancho Panza. «L’equilibrio è molto importante: ci sono alcuni moduli, ad esempio, dove la dolcezza rischia di rendere evanescente il tutto; allora serve una forza, una tannicità che dia vigore, nerbo - spiega Eva - inoltre il sigaro cambia aroma sui terzi: nel Toscano Originale, ad esempio, il primo terzo di fumata sa di pane e cereali, è il momento in cui si sente solo l’aroma del tabacco. Poi parte la forza del Kentucky che arriva a coprire tutti gli aromi. Tanto che da poco hanno fatto il Toscano Soldati, molto più dolce e morbido».
La regola dell’abbinamento coi distillati è: a ogni sigaro il distillato della sua terra. Così, rum cubano coi Cubani, rum dominicano coi Dominicani, grappa italiana coi Toscani. Ma anche qui occorre accortezza: una grappa monovitigno con un Originale non va, mentre con un Soldati si. Un Partagas con un cognac è una follia: il distillato muore. Un sigaro forte può avvicinarsi a un vino rosso tannico o a un bianco avvicinarsi a un vino rosso tannico a un bianco strutturato. «A me - sorride Eva - piace molto fumare un sigaro ben equilibrato con un buon bianco del Collio, ad esempio». E veniamo 'ai cibi: sigari terrosi (tipo Partagas) vanno bene con la cacciagione. «I sigari speziati invece vanno bene dopo una bistecca, o una carne bianca, un arrosto o un roastbeef - spiega Eva – Col pesce, ci va un vino appropriato e poi un sigaro sapido, salmastro e aromatico perché il pesce non domina e dunque il tabacco non deve dominare. Il bello sta nel modo in cui i diverso aromi e sapori si rincorrono e di esaltano a vicenda. Così, col dolce si scarterà un sigaro molto forte, a meno che non si tratti di un dolce al cucchiaio e con un cacao forte magari accompagnato da un distillato: ma in genere coi dolci va bene il piccante che esalta il dolce. Quindi bene un Hoyo de Monterrey “Epicure n°2” che già nel nome si presenta! Dopo una cena di carne e con una crema chantilly al finale, va benissimo anche un Cubano scopertamente dolce come un Romeo e Julieta “Cazadores” che è dolce, ma anche sostenuto da una bella forza». Ma ancora: con dolci al caffè può andare un Dominicano come lo “short” di Arturo Fuente, che ha aromi di caffè, e con la crème caramel un Dominicano o anche un Toscano Originale, meglio ancor se “selected”; richiama il caramello e l’affumicato. «A me, ad esempio - riprende Eva – piace molto il mojito con i Montecristo: sono freschi e richiamano molto la menta. E poi c’è il mondo incredibile dei formaggi: ce ne sono forti, dolci, piccanti, erborinati, erbacei... insomma, con i sigari sembrano proprio poter andare molto d’accordo, anche per il gioco grasso-tannino...». L’importante, aggiungiamo, è non perdere di vista il gioco e, soprattutto, il buonsenso...


CRU, MILLESIMI, CUVEE. TERROIR E VERTICALI ANCHE PER IL TABACCO

Quando, nel corso degli anni ’90, i sigari cubani hanno conosciuto la massima espansione commerciale in Occidente, la qualità ha avuto uno scossone. Tanto che se i Cubani erano meglio prima, gli extracubani sono invece migliorati oggi Cuba ha avuto problemi seri di clima e di muffa blu proprio in coincidenza dell’espansione; inoltre, sono stati ingaggiati molti torcedor, gli operai che rollano le foglie dei sigari, che non avevano la necessaria esperienza. Le annate dal 2000 al 2002 sono una vera sofferenza. Poi, è rallentata e si è stabilizzata la produzione: e la qualità è tornata elevata. «Col problema però - spiega Eva – di un appiattimento aromatico tra le diverse marche. Così per avere emozioni particolari, devi andare sulle edizioni limitateche sono come i cru o i millesimatì per il vino». La fabbrica di origine, la fascetta, è invece quello che per il vino è la cuvée: la ricetta, le proporzioni nell’uso delle diverse foglie che formano le tre parti del cannone, il seco, il ligero e il volado, la cui combinazione determina la maggiore o minore forza o dolcezza. «Se oggi vuoi sentire la tipicità delle marche spiega però Eva Vannicelli - devi prendere le selezioni particolari che garantiscono quantomeno la selezione delle foglie, l’invecchiamento e l’affinamento dei sigari: perché con l’affinamento scompaiono eventuali difetti e punte e migliora e si arrotonda l’aspetto aromatico. Tutto questo, ovviamente, a prezzi superiori…»

«Una volta - ricorda ancora Eva - abbiamo fatto una verticale di Partagas serie D n° 4: sigari del ’99, del 2003 e del 2005, alla cieca. I primi erano molto forti, mentre negli altri si sentiva la tendenza ad  alleggerire, a far risaltare gli aromi. Ha vinto il sigaro del 2003, il più equilibrato». Inoltre, come per il vino, anche per il tabacco-è importante il terroir: c’è il Perique che viene coltivato nella Lousiana Perique ed è una varietà del Burley. Se coltivato sulle paludi memose dell’America diventa piccante e muffoso, povero di nicotina e poco respirabile; se coltivato da noi, invece, è molto amabile e finisce ad esempio nelle Marlboro Light, dunque molto respirabile.

 

MODULI, CAPA, CANNONE... E PER NATALE UN TOSCANO AD HOC
il modulo indica la grandezza del sigaro ed è espresso in numeri: n° l, n°2, n°3... L’aroma e il sapore cambiano spesso durante la fumata: più il sigaro è lungo, più volte cambia. Da questo punto di vista il sigaro ideale è il Cohiba “Esplendido”, un doppio corona, o il “Robusto”, sigari molto lunghi. Quando il sigaro si accende, occorre fare molta attenzione a non scaldare treppo il cannone, il cilindro di tabacco: la fiamma deve bruciare omogeneamente un millimetro del piede (la base che si accende) e la capa (la foglia di rivestimento) che lo circonda. Poi si comincia a tirare lentamente, se‘nza surriscaldare il sigaro. Quando il sigaro si spegne, dipende quasi sempre da un tiraggio eccessivo. Il sapore della combustione eccessiva (o dell’eccesso di umidità) ha il tipico sentore del cartone bagnato. Per tagliare la testa (la parte dove si aspira), questa va bagnata con la saliva e poi tagliata preferibilmente con un taglierino a doppia lama. Più il sigaro è sottile, più lentamente bisogna tirare. Più è tozzo, più è forte e il volume di fumo riempie la bocca potendo tirare di più. Per evitare di sentire troppo le sostanze della combustione che si accumulano nel cannone, il sigaro andrebbe gettato via quando si arriva alla fascetta: questo è quel che faceva il grande esperto ucraino-svizzero Zina Davidoff, padre della lavorazione dei sigari cubani moderni e autore di uno dei libri più interessanti sul sigaro di Habana, “L’amatore del sigaro”.

Il periodo di vita migliore per un sigaro va dai sei mesi dalla fattura ai tre anni, anche se sigari molto importanti possono essere fumati anche a cinque anni dalla fattura, ovviamente se ben conservati.

 

 

 

dal "Gambero Rosso" n°191, dicembre '07

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