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PIPE DI COCCIO


Cara Eva, mio nonno materno Ignazio, un signore di vecchi tempi, lascià questa valle di lacrime alla veneranda età di 86 anni e finché visse fu l'antitesi vivente al detto popolare secondo il quale bacco, tabacco e venere riducono l'uomo in cenere. Infatti, ne combinò tante quanto Carlo in Francia, non disdegnò mai, fino a tardissima età, uno o più bicchierozzi di buon vino e, soprattutto, fino ai suoi ultimi giorni, fumò come un turco la sua amatissima pipa di coccio, che io andavo a comprargli ogni tanto dal tabaccaio sotto casa, nella quale pigiava, col suo ditone ormai scarno, i sigari toscani sbriciolati. Dopo averla cercata invano presso moltissime tabaccherie di Roma, finalmente dagli amici Vannicelli ho trovato la pipa di coccio che volevo assolutamente provare a fumare.

E' costruita con la classica terracotta rossa, non è molto grande e, contrariamente a quelle di mio nonno che avevano il bocchino di ciliegio di media lunghezza, è corredata da un lungo bocchino di canna. Il disegno della testa (una mano che sorregge la camera di combustione), ad onor del vero, è un tantino grezzo ed il fornello, almeno in quella che ho acquistato, è piccolo e consente l'introduzione di poco tabacco che, comunque, deve esservi inserito seguendo pedissequamente la regola classica dei tre pizzichi pigiati con forza crescente. La testa ha un peso certo non indifferente, tanto che, a causa anche del lungo bocchino, questa pipa non si può fumare tenendola soltanto tra i denti, ma la si deve tenere obbligatoriamente in mano. E quindi una pipa da fumata comoda e rilassata, che deve essere goduta, come rende perfettamente l'idea un termine prettamente romanesco, spaparanzati in poltrona ed in completo relax. Per contro, com'è noto per tutte le terrecotte, anche il coccio della pipa ha la prerogativa assolutamente unica di assorbire il catrame, la nicotina e i liquami vari e, quindi, si ha il privilegio di fumare solo ed esclusivamente tabacco, gustandone appieno l'aroma privo di qualsiasi alterazione e con un fumo che non brucia assolutamente grazie al lungo cannello. Alcuni, prima di usarla, immergono la testa in cognac o altro, io, invece, la preferisco nature, proprio per non alterare il gusto del tabacco. La pulizia del fornello non presenta alcun problema, ma per il bocchino non esiste uno scovolino abbastanza lungo. Con un po' di pazienza si può ovviare all'inconveniente, munendosi di un filo robusto e sottile (perfetto quello da lenza, sottile ma resistentissimo) e di un piccolissimo pezzetto di tela, procedendo poi come segue: con un tantino di pazienza si introduce nella canna il filo da lenza al quale, appena uscito dalla parte opposta all'orifizio di introduzione, si fa un cappio in cui si introduce, piegato in due, il pezzetto di tela imbevuto, se si vuole, di solvente. Si tira molto lentamente, et voilà! il gioco è fatto. Buona fumata.

Antonio Fabiani


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